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Formazione “SilenceHate” – Approcciò interculturale ai discorsi d’odio

7 e 8 Giugno 2018, Napoli, Officine Gomitoli

Come Youth Workers di Arciragazzi Portici e Arcigay Napoli abbiamo partecipato alla due giorni dedicata alla prevenzione e al contrasto dei discorsi di odio, dal titolo “SilenceHate”.

 La prima attività di gruppo (ci siamo divisi in 4 gruppi) è stata una tavola rotonda per discutere su “che cos’è l’odio?”

Noi abbiamo posto le nostre definizioni. E tutti i gruppi hanno fatto lo stesso.

Dopo, l’educatrice del corso di formazione, ci ha insegnato cos’è l’“Hate Speech”:
– Promuove l’odio;
– Incita all’odio;
– Rappresenta un rischio.

Ci è stata illustrata “La Piramide dell’odio”, alla cui base ci sono
4. Crimini di odio
3. Linguaggio di odio
2. Discriminazioni
1. Stereotipi, false rappresentazioni

In particolare, abbiamo approfondito la questione dell’odio online e le sue caratteristiche:
– Non è controllabile
– Ha una diffusione facile
– Può essere permanente
– Ha un possibile ritorno
– Anonimato
– Transnazionalità

Soffermandoci sugli algoritmi dei motori di ricerca, abbiamo visto come, illudendoci che siamo in rete con il mondo, in effetti Google ci propone le cose più vicine a noi e ai nostri interessi.
Essendo il corso indirizzato a educatori/educatrici ed insegnanti, è stato dedicato ampio spazio all’interculturalità. Il dilagante razzismo che vive l’Occidente, l’Europa e in particolare l’Italia ci mette dinanzi alla necessità di valorizzare l’interculturalità.

Durante il secondo giorno abbiamo iniziato con un modulo intitolato “Contrastare odio e intolleranza sul web: media education e hatespeech”.
La dottoressa Alessandra Falconi, adottando un approccio ludico, dopo averci mostrato un video di uno youtuber che è stato vittima di discorso di odio, ci ha illustrato l’utilità di adottare lo stesso linguaggio degli interlocutori (nel caso delle maestre o dei maestri, quello delle bambine e dei bambini; nel caso di prof., quello adolescenziale…). In questo modo si lavora sull’empatia. L’obiettivo è “Far vivere il problema”, non dare risposte ma idee per vivere domande.

In quali tappe:
– Rapporto con il social network: verso una consapevolezza ->la proporia identità digitale.
– Ragionare sul “punto di vista”: pluralità e silenzio (tanti punti di vista che possono convivere).
– Lavorare con le mani (proporre attività in cui manualmente si rappresentano i concetti: con disegni, piccole sculture, ecc.)
– Produzione mediale: realizzare un prodotto in cui si spiega quanto appreso (ad es. un video).

Successivamente abbiamo riflettuto su:
• La comunità che odia:
– L’odio può diventare un perno identitario: si è insieme perché si odia qualcuno.
– L’odio è una relazione: Ci sono “coloro chi odiano insieme” (reciproco riconoscimento, l’odio legittima l’esistenza della comunità e diritto di esistere).
– Coloro che “sono odiati” (non meriti di esistere, non hai diritto di essere ciò che sei).

La cosa importante per noi è stato capire che anche chi odia l’odio odia. Infatti, sovente, le strategie adottate da chi difende le vittime di discorsi d’odio sono le stesse di quelli che li promuovono. Occorre dunque essere lucide e lucidi e provare ad essere commentatori positivi e non finire nella spirale dell’odio.

Nella formazione hanno dato materiale per insegnare a i ragazzi e lavorare su il discorso d’odio. Per esempio:
– Francesco Sole, Youtuber, un video di “Sull’odio online”
– AltikomeEkperimenta video Yotubue (BricksRiorse)
– “Italiani con la valigia” un film
– Azione pacifica di Guerrilla Art “Vota per me”
– Il libro Zooma, di illustrazioni
– Film The Guardians, 1996, per lavorare il cambiamento di punto di vista
– L’odio, film di Vincent Casser

L’ultima attività di gruppo era di lavorare su cartone e rappresentare lo slogan “Ogni altro sono io”.
Ricordiamoci dunque che ogni altra o altro siamo noi e l’hatespeechisnot free speech, perché l’odio crea sofferenze e morte.

 

 

 

Rosa Palmer, Carmn Ferrara

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