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Blindur: “3000remix la nostra epifania elettrica” – l’intervista

PH: Riccardo Piccirillo

Vincitori di prestigiosi riconoscimenti come la targa Quirici al Premio Bindi e il Premiodella Critica e riconoscimento Afi a Musicultura i Blindur si stanno imponendo sulla scena folk- rock nazionale come autentici protagonisti di un progetto che passa attraverso le idee, le parole e le “visioni” del produttore e musicista Massimo De Vita. Noi di Radio Siani abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche chiacchiera a 360 gradi.

 

Massimo, tre importanti riconoscimenti. La targa Quirici al Premio Bindi e il Premio della Critica e il riconoscimento Afi a Musicultura di Macerata. Che momento state vivendo?

 

Un momento intenso, particolarmente intenso. La situazione è globalmente inedita, disorientante, certamente complessa, ma, se è vero che ho fatto della trasformazione delle esperienze negative in energia creativa, questa è potenzialmente una grande occasione. Dal mio canto la prospettiva di rivoluzionare modalità e percorsi mi interessa e credo questo entusiasmo sia stato palpabile a musicultura e al premio Bindi dove forse abbiamo fatto quello che proviamo a fare sempre, dare tutto il possibile quando io e la band siamo sul palco, ma con una luce nuova, disperata e nonostante tutto proiettata in avanti.

 

 

In 3000x, ci parli di G8 e Lampedusa. Due tematiche che racchiudono episodi così delicati e drammatici del nostro paese, degli ultimi venti anni. Come è nato questo brano nella tua mente?

 

 

E’ stata un’allucinazione, un’epifania elettrica e lisergica in cui si sono sovrapposti piani narrativi, vicende personali e “storiche”, onirici futuri distopici e un presente velocissimo e quasi impazzito, il tutto alla ricerca di un contatto tra questi potenziali opposti. Ho immaginato un rito, una danza, la migrazione di una tribù neo primitiva che si muovesse tra le macerie di antiche metropoli ormai abbandonate. Un rito fatto di amuleti, coltelli iniziatici, missili terra aria, tramonti e luci stroboscopiche. La protagonista di questo viaggio è quella umanità “ultima” che nei passaggi più delicati della nostra storia ha provato a concretizzare il sogno di un futuro diverso, magari migliore, come è stato nel 2001 a Genova; quella umanità che cerca di sopravvivere al tentativo di far valere il proprio diritto alla vita e alla vita felice, per quello che significa. In questi termini e in un contesto in cui tutto è crollato o sta per farlo, l’unico punto fermo mi pare sia quella primitiva e istintiva sensazione di comunanza, un animalesco attaccamento al branco e alla sopravvivenza.

 

 

Ci parli della collaborazioni nate nel progetto 3000remiX?

 

 

Tutte le collaborazioni che Blindur ha realizzato dalla sua nascita, 3000remiX inclusa, sono incroci prima umani, che passano per l’amicizia e l’intesa personale, e che solo alla fine sfociano nella condivisione artistica. Già nella versione originale di 3000X, contenuta in “A” il secondo disco di Blindur, ho collaborato con JT Bates (batterista di Bon Iver e Big Red Machine) e Adriano Viterbini (Chitarrista di I hate my village e fondatore dei Bud Spencer blues explosion), ma per i remix serviva mettere su una mega festa! Potrei raccontare aneddoti e retroscena piuttosto divertenti per ognuna delle collaborazioni fatte in 3000remiX: con Marco Messina della 99 posse frequentiamo il coordinamento “intermittenti spettacolari”, una realtà nata spontaneamente che ha messo insieme lavoratori dello spettacolo e che si occupa di rivendicazione dei diritti del lavoro dell’arte; ADM e Whodamanny frequentano con una certa frequenza il nostro studio di registrazione in provincia di Napoli; Il MAGO hanno organizzato un mio live in Toscana in tempi non sospetti; i ragazzi di Indigo sono una delle realtà più importanti, esplosive e creative di Palermo e ci siamo incrociati a più riprese per motivi non solo musicali; fino alla Sanacore All Stars che gestiscono, oltre ad organizzare dei fighissimi soundsystem reggae, in un locale che amiamo in quel di Caserta. Insomma l’incrocio umano è assolutamente propedeutico a quello artistico, al netto del fatto che nutriamo per tutti i coinvolti un’enorme stima musicale ovviamente.

 

Attualmente, in un momento così delicato per il mondo della musica, quale è il vostro pensiero per ‘tutelare’ le tante persone che lavorano con questa bellissima arte?

 

Come dicevo anche prima, il momento è piuttosto critico e serve un intervento mirato dello stato che metta questa categoria lavorativa a parità di diritti e condizione con i nostri colleghi del resto d’Europa. Ci sono organismi nati spontaneamente che stanno facendo un grande lavoro di autocoscienza e di informazione perché, mi duole dirlo, il nostro è un settore molto ignorante dal punto di vista dei diritti e delle pratiche del lavoro (fiscalità, previdenza, diritti d’autore, diritti correlati etc), ma a questo va affiancato un serio e radicale aggiornamento delle leggi che nel 2020 ancora non contemplano la musica non classica come un’arte a tutti gli effetti. C’è una gestione cattiva di fondi destinati allo spettacolo, un vuoto legislativo per quanto riguarda contratti nazionali, una grande confusione per quello che è il lavoro intermittente. Nel 2020 pensare di poter gestire il mondo del lavoro e dell’arte, che viaggia a velocità altissima e che è caratterizzato da un’eterogeneità complessa e in continua mutazione, con leggi vecchie che appartengono totalmente a una visione passata è impossibile. Il percorso è lunghissimo e difficile, ma io ci credo. Nel frattempo, parafrasando un capolavoro, speriamo che ce la caviamo!

 

In sei anni di attività, avete collezionato già 350 concerti , anche di livello internazionale, che percezione si ha all’estero di un prodotto come il vostro?

 

 

Suonare è sempre bellissimo e ogni caso fa storia a se, ogni concerto è unico e irripetibile perché è fatto con il pubblico e quindi, a meno che non sia possibile avere precisamente lo stesso pubblico nello stesso posto per più di una volta, è impossibile immaginare lo stesso scenario e lo stesso risultato. All’estero siamo sempre stati accolti con entusiasmo e affetto, sia dai nostri connazionali che vivono lontani da casa, sia dalle comunità presso le quali abbiamo di volta in volta suonato. Anche in questo caso gli aneddoti e le storielle si sprecano, ma in generale, per uno come me che ama così profondamente il viaggio, più lontano si va, più bello è, sia andare che tornare. Per questo e per molto altro mi sentirò sempre grato alla musica.

 

 

Dal 2021, dobbiamo aspettarci qualche sorpresa dal progetto Blindur?

 

 

Bisogna sempre aspettarsi sorprese da Blindur, noi non ci siamo mai fermati e al momento non abbiamo in conto di farli. Per un po’ staremo lontani dai live, ma la nostra pentola bolle senza sosta.

 

 

 

Sergio Cimmino

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