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Massimo Zamboni “CCCP e CSI sono tutto quello che ho e ho avuto”

L’artista e co-fondatore dei CCCP torna con il nuovo progetto “La Macchia Mongolica” noi di Radio Siani abbiamo avuto il piacere e l’onore di intervistarlo e scambiare quattro chiacchiere con uno dei protagonisti del punk rock italiano.

Massimo, cosa ti sei portato dentro, nel corso degli anni, di quel viaggio affrontato nel 1996?

 

 

La percezione della possibilità sempre presente di una vita differente. La cognizione della vastità del mondo e dell’esperienza umana. La necessità di panorami sempre più larghi attorno a me, anche in senso figurato. E poi quel grande album che siamo riusciti a trarne, Tabula Rasa Elettrificata, che ancora oggi, quando lo ascolto, non mi sembra possibile sia uscito da noi. Ultima cosa, ma forse la prima: la Mongolia ci ha regalato una figlia.

 

 

Nel progetto c’è anche tua figlia Caterina. Puoi raccontarci le emozioni, da padre, vissute all’epoca della sua nascita e adesso che ha collaborato con te?

 

 

C’è sempre stato uno scambio intenso tra noi, è il nostro quotidiano. C’è da esserne orgogliosi, e anche piuttosto increduli. Nel corso della scrittura del libro ci siamo corretti a vicenda, anche in maniera categorica, decisa, è stato un grande aiuto. Ma poi Caterina è sempre stata presente in tutti i progetti di questi tanti anni.

 

 

Quanto c’è in Massimo Zamboni delle popolazioni della Mongolia, ti sei ritrovato in quelle facce e in quella gente?

 

 

Poco o nulla di me, in loro; io sono un viaggiatore invisibile. Ma quanto di loro conservo in me. Sento che quella presenza guida una parte delle mie azioni. Come se in una piccola parte della testa ci fosse un richiamo costante a quel “là” che ci ha affascinato e in qualche modo imprigionato.

 

 

Quanto è stata forte la vena spirituale nell’elaborazione del progetto?

 

 

Si poteva affrontare la presenza della macchia mongolica tra noi in maniera clinica, o distratto. Abbiamo ritenuto di dover approfondire un senso più intimo, di andare a ridefinire il significato della nostra identità, di rimescolare carte che sembravano assestate. Ci sono stati tanti segni che abbiamo accettato e interpretato, conoscendone la ciclicità e la lunghissima durata. Forse questo si chiama spirituale.

 

CCCP e CSI, cosa hanno rappresentato e significato per la tua carriera artistica questi due progetti rimasti nella storia del punk rock italiano?

 

 

CCCP e CSI sono tutto quello che ho e ho avuto, la fortuna sfacciata di un incontro che risolve la vita e di altri che la arricchiscono infinitamente. Nulla è stato gratuito, naturalmente, è stata una lotta quotidiana la nostra vita assieme. Ma posso solamente ringraziare per quanto ho imparato e – forse – continuo a mettere in pratica.

 

Il progetto La Macchia Mongolica avrà un tour o vari appuntamenti in giro per l’Italia?

 

Ci sto lavorando, il sogno è quello di uno spettacolo all’interno di una tenda mongola – una gher – assieme a altri 2 musicisti, per un pubblico ridottissimo, 25 persone al massimo. Sarebbe un clima di condivisione fortissimo, una vera esperienza di scambio.

 

 

Sergio Cimmino

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