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Detachment, il distacco

Henry è un supplente in una scuola di un quartiere di periferia. Incrocia destini personali e generali di alunni e docenti, con i suoi. Il film (USA,11) appartiene al genere high school, che, tra commedie, musical e drammi social-intergenerazionali, ha una sua tradizione narrativa. Ha delle regole, degli stilemi molto precisi. Ma le regole esistono perché le si rovesci. Il che qui accade. L’opera ha una struttura complessa: si pone come una specie di autointervista-verità molto spietata sulla vita e le angosce del protagonista, il prof; interpretato con una sensibilità molto sofferta esistenzialmente da Adrien Brody. Ma procede affrontando le problematiche collettive e  individuali, di studenti e docenti di questa scuola di frontiera. Ne dà una lettura molto attenta: lo sceneggiatore Carl Lund vi porta il suo vissuto di ex docente. E lo fa con un carico di umanità e di empatia non moralistica, in modo da incrociare anche le problematiche socio-familiari , senza far mancare gli inevitabili aspetti grotteschi. La regia di Tony Kaye si destreggia con senso poetico tra le diverse componenti. La crisi individuale di Henry è il filtro di lettura con cui sono affrontate le varie vicissitudini; esse sono lette dall’interno di un disagio esistenziale: perciò la comprensione non è paternalistica. Ma questo modo scelto, a mio avviso,  indebolisce la forza del film: è sulla crisi del sistema d’insegnamento Usa o su quella del prof?  La fotografia, curata dallo stesso regista, insiste sulla estraneità sociale dell’universo scuola: è dipinta con colori lividi,da città post catastrofe. Gli attori sono di una considerevole ricchezza umana : spiccano il redivivo James Caan, sottile e geniale, e la generosa, fragile e camaleontica Lucy Liu.

Ciccio Capozzi 

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