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Nu bello Sant’Antuono! Fuochi per la legalità e la filosofia

Parole, canti, balli

Giovedì 17 gennaio 2019 al Maschio Angioino

Interventi di Eugenio Bennato, Pino Ferraro, Tano Grasso e un testimone di giustizia

nell’ambito della manifestazione
NAPOLI CITTÀ DELLA CONVERSAZIONE
17 gennaio – 17 febbraio 2019

L’evento per Sant’Antuono, protettore dei pizzaioli, è organizzato con la collaborazione del FAI Federazione Antiracket Italiana e sarà l’occasione per esprimere solidarietà a Gino Sorbillo titolare dell’omonima pizzeria colpita questa notte da un’azione intimidatoria camorristica

Programma:
ore 17:00 partenza del corteo musicale da Largo Berlinguer

ore 17:30 arrivo al Maschio Angioino e presentazione della manifestazione con un intervento sulla storia e la cultura della festa dei di Sant’Antuono
ore 18:00 intervento musicale di Eugenio Bennato con canzoni della tradizione popolare, accensione del Fuoco con canti e letture dedicati e l’invito per ognuno a portare qualcosa da lanciare sul fuoco, fogli di messaggi scritti di propri sentimenti, relazioni, esperienze da lasciare al passato come “robba vecchia” per aver il nuovo. Il rito di lasciare al passato tutte le cose che non vorremmo più sentire e vivere sarà il lancio nel fuoco di pupazzi che rappresentano: il razzismo, la prepotenza, le mafie, le violenza, la discriminazione, l’esclusione … ognuno porti tutto quello di cui si vuole liberare. Il fuoco purifica, distrugge e sana, è l’elemento del rito di passaggio dell’anno. Tutti intorno al fuoco intoneremo canti e balli, s’invita a portare strumenti popolari, campanacci e varie perché “Sant’Antuono porti un anno buono”.
    
La tradizione dei fuochi
Ogni anno il 17 gennaio Napoli ritrova la festa di Sant’Antonio con i fuochi, i cippi, che si organizzano nei quartieri della città. La festa ha perduto il racconto della sua tradizione che risale alle origini della cultura popolare. Il fuoco purifica, porta luce, riscalda, raccoglie. L’immagine di Sant’Antuono è la figurazione di tanti volti dall’origine della civiltà fino alla moderna città, a partire dal mito di Prometeo. Sant’Antonio lo ricorda, per aver “rubato” il fuoco dall’inferno agli uomini, catturandolo nel suo bastone, la ferula dei sacerdoti, chiamata anche il tirso nell’antichità, identificativo di riti dionisiaci. Il fuoco è delle passioni, va acceso e va tenuto a bada. Il fuoco purifica, risana. Al fuoco sono affidati tutti i riti di passaggio dal vecchio al nuovo, della liberazione dal male per il bene, dalla malattia alla salute, dall’inferno delle passioni alla comunità sociale, dell’illegalità e della prepotenza alla costituzione di relazioni e di legami sociali per il bene comune. È quest’ultimo passaggio che vogliamo sia il motivo simbolico dei fuochi di Sant’Antonio del 17 gennaio di quest’anno, per “appicciare” il vecchio e il male, la violenza e la stupidità. I fuochi di Sant’Antuono siano perciò i fuochi della legalità in risposta a chi, come a Castellamare, ha voluto accendere il fuoco contro chi si è sottratto alla legge della prepotenza della criminalità. La camorra è un gioco d’azzardo con un capo che ne interpreta le regole. È un gioco che deve finire, si chiami anche “sistema”, è un sistema che deve finire. Napoli è tutta n’ata storia.

È il momento di fargli “nu bell Sant’Antuono” che a Napoli significa anche dare una lezione. Una cosa vecchia va bruciata per sanare questa città da tutto quello che ne offende la bellezza. La prepotenza viene dalla stupidità, fa il prepotente chi non sa parlare, usa le mani chi non sa aprire bocca per spiegare e non usa le orecchie per sentire, chi usa le armi perde la ragione. Il fuoco è la potenza del cambiamento, bisogna averlo dentro, con misura, secondo quel detto di Eraclito: Questo cosmo ne alcuno degli dei lo fece ne alcuno degli uomini, ma fu sempre ed è e sarà, fuoco di eterna vita, che si accende con misura e si spegne con misura.

Il racconto del fuoco
La festa di Sant’Antonio con i fuochi della legalità inaugura il mese dei racconti del fuoco, che dal 17 gennaio ci porta fino al 17 febbraio quando fu dato fuoco a Giordano Bruno, un fuoco che non si è mai spento e al pari di quello di Prometeo illumina di filosofia questa Città. In ogni quartiere per le strade della Città si organizzerà una “pusteggia” di racconti, ad ogni angolo un cantastorie per dare vita a una “casa dei racconti”, chiamando i più anziani dei rioni e dei quartieri a ricordare le tradizioni vissute e perdute, per rinnovarle, con nuovi significati, in forme di partecipazione, in espressioni legami sociali, imprese, occupazioni, attività, per un gioco non più d’azzardo, ma felice. In ogni rione e quartiere ci sta ancora un “puosto” dove ci si incontra e ci si racconta. Un tempo era quello tra i ragazzi più grandi che raccontavano storie immaginarie o di un tempo passato popolato di eroi e di personaggi che avevano dato storia alla città e quel luogo in cui ci ritrovava a stare insieme. Erano storie di fantasmi e di magiche apparizioni, di sogni e di paure, che avevano l’unica funzione di stare bene insieme. Allora anche il fuoco del cippo di sant’Antonio si conservava. Dalle case si veniva col braciere a prendere il carbone di quel fuoco per riscaldarsi e ritrovarsi insieme.

Il fuoco della filosofia
Questo cosmo ne alcuno degli dei lo fece ne alcuno degli uomini, ma fu sempre ed è e sarà, fuoco di eterna vita, che si accende con misura e si spegne con misura.
Eraclito, Fr. 37 (DK 30)

 
 

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