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La clientela politica e quel vizio che i cittadini non perdono

Nell’epoca della troppa informazione può succedere che una trasmissione televisiva si sostituisca alla magistratura e scopra cose che nemmeno la legge ordinaria è in grado di punire. Siamo ai tempi delle fritture di pesce offerte per portare le persone a votare al referendum e del pagare in danaro per poter lavorare, in un contesto come quello della Campania dove il numero di certe azioni non sembra diminuire.
«Succede ovunque» dirà qualcuno. E invece no. Perché questa scenetta avviene soprattutto lì dove c’è un alto tasso di disoccupazione e dove il merito non è altro che una bella parola priva di significato.
I fatti: qualche giorno fa un servizio di Luca Abete andato in onda a “Striscia la Notizia”, il TG satirico di Canale5, mostra una persona che pare essere un politico dell’area vesuviana offrire ad un’altra persona un posto di lavoro nel nuovo ospedale del Mare in cambio di diecimila euro.
Da qui la prevedibile polemica e la caccia al nome del politico malandrino protagonista della vicenda.
Cosa è successo in quel contesto?
Si è dato vita a ciò che è contrario della meritocrazia, cioè il clientelismo: pratica per cui personaggi influenti o individui inseriti nelle istituzioni instaurano un sistema di favoritismi e scambi fondato sull’assegnazione arbitraria di risorse, benefici o posti di prestigio nel panorama politico-sociale con chi non avrebbe alcun titolo per godere di tali favori. In pratica: tu mi paghi ed io ti do il posto di lavoro anche se c’è un concorso in cui dovrebbe prevalere chi ne ha più titoli e competenze.
Quando succede però, come in questo caso, il dito viene puntato verso il politico arraffone e maledetto, mai contro il cittadino che è andato ad offrire denaro in cambio di lavoro.
Perché se l’economia è basata sul lavoro allora c’è una domanda, ma anche un’offerta, in questo caso di denaro per poter ottenere un posto a discapito di altri.
E forse è questo quel meccanismo che ha distorto il nostro paese fino a renderlo un’enorme fabbrica di diseguaglianza sociale tra chi detiene un potere e lo esercita nel peggiore dei modi e chi, questo potere, lo percepisce come unica via alla propria sopravvivenza e quindi fa di tutto per tenerlo in vita.
Fatto sta che, nel caso di Striscia la Notizia, ad essere pignoli, i colpevoli sarebbero almeno tre: il politico, il cittadino e chi ha riportato la notizia senza segnalare alla magistratura e permetterle di fare il proprio lavoro inquisitorio.
Da qui una serie di domande che ci poniamo in maniera acritica e a cui sentiamo di autorisponderci.
Può un singolo servizio diventare la cartolina di un intero paese?
Sì. Con il politico che domanda soldi per un lavoro, il cittadino che non denuncia e che, invece, sarebbe disposto a dare denaro ed un giornalista che smaschera il tutto in nome dello share e non della legalità emerge come, in questo paese, tutto sia abbastanza confuso e distorto e che quasi nessuno rispetta le regole.
Può una trasmissione satirica sostituirsi al potere giudiziario?
No. Non dovrebbe mai succedere e se capita è necessaria una profonda riflessione da parte di chi questo potere lo esercita ma anche da parte di chi prima si rivolge ad altri per varie forme di clientelismo e poi ne richiede l’intervento per ottenere giustizia.

Al di là delle domande resta la gravità del fatto che condanniamo senza se e senza ma. La corruzione favorisce la camorra. 

Redazione

 

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