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Lucy sulle orme di Limitless

Salve a tutti! Siamo alla ‘seconda puntata’ del nostro incontro bisettimanale con il cinema. Io sono Anna, piacere di conoscervi. La mia collega Lucia vi ha parlato soddisfacentemente, nel precedente articolo, di questa rubrica. Stavolta vi presento un film nuovissimo, ancora in alcune sale: Lucy.

Avrete sicuramente sentito il detto “sei come il prezzemolo”, generalmente usato per definire una persona che si trova ovunque. Diciamo che potrei tranquillamente apportare una modifica abbastanza personale a questa frase, trasformandola così: “sei come Scarlett Johansson”.
Giuro che è stato un caso ritrovarmela in moltissimi dei film visti quest’anno. Dopo il terzo ho cominciato a sorprendermi. Quando poi ho scoperto che la voce del computer in Her  è la sua… beh, lì mi sono proprio spaventata.

In ogni caso sono felice di aver conosciuto meglio quest’attrice, imparando ad apprezzarla. Per questo motivo non vedevo l’ora che uscisse Lucy, film che prometteva veramente bene: leggendo la trama (diffidate sempre da Wikipedia che ama fare spoiler) mi sembrava interessante, nonostante ricordasse un po’ Limitless (Neil Burger, 2011). La regia di Luc Besson non ha fatto altro che alimentare la mia curiosità. Stiamo parlando del padre di pellicole sensazionali come Lèon, Nikita o Il quinto elemento, ma anche dello stesso regista che ultimamente ha deluso gli spettatori con le sue ultime opere da grande schermo. Questa volta, quindi, ha deciso di riportare in scena una nuova femme fatale che potesse incendiare le sale in un lungometraggio fantascientifico.

Un essere umano, in media, riesce ad utilizzare solamente il dieci per cento delle sue capacità intellettive. Per ulteriori informazioni chiedete a Morgan Freeman, che qui interpreta un professore universitario di biologia. Scarlett Johansson sarà lo (s)fortunato esempio che, per una serie di eventi che non voglio anticiparvi, si ritroverà ad usare il suo cervello fino al cento per cento a causa dell’assunzione di una potente droga. Inizierà a comportarsi in maniera anomala attraversando gli stadi primari, piuttosto semplici, fino ad arrivare ad impensabili conseguenze. Besson si improvvisa Fedro e ci dona intermezzi che hanno come protagonisti animali impegnati in azioni che proiettano metaforicamente ciò che stanno vivendo i personaggi principali sulla scena. Sembra una bella trovata che, tuttavia, se inizialmente manca di continuità, verso la fine vi lascerà la sensazione di essere finiti su National Geographic.

Assumendo questa particolare droga, Lucy perde il controllo del suo corpo che è profondamente minato dal tempo, che sembra scorrere veramente troppo in fretta. “Nella vita abbiamo uno scopo: guadagnare tempo”. Inizialmente non si rende pienamente conto di ciò che succede dentro di lei ma, riflettendoci, avverte i cambiamenti che stanno avvenendo. Comincia a perdere sempre di più il suo lato umano, sembrando assorta e apatica, per acquistare caratteristiche indubbiamente paragonabili a superpoteri. 

Ho apprezzato la freddezza d’animo che compare in Lucy e la sua lucidità nell’affrontare ogni situazione, che giustifica la mancanza quasi assoluta di un’analisi psicologica del personaggio che, a un certo punto, diventa quasi un automa. L’evoluzione della ragazza è resa solamente sotto un punto di vista scientifico, passo dopo passo fino a quando il suo cervello non raggiunge il cento per cento delle sue potenzialità.
La protagonista si metterà in contatto con Samuel Norman (Morgan Freeman), ritenendolo, a seguito di alcune ricerche, la persona più adatta con la quale confrontarsi.
Sa volare, è immune al dolore, riesce a sentire fisicamente il sangue che le scorre nelle vene; insomma, Dante parlerebbe probabilmente di transumanazione, ma cosa fare di tutto questo potenziale? Qual è il suo obiettivo, ora che il tempo è agli sgoccioli? “Trasmettere ciò che si è appreso”. Portare la conoscenza a chi rimane. “L’ignoranza è caos, non la conoscenza”.

La cultura è il vero scopo della protagonista: portare al mondo ciò che ha appreso, in modo da non gettare al vento questa sua esperienza. 

Vale la pena spendere soldi per guardare Lucy al cinema, dato che siete ancora in tempo? Assolutamente sì, ma solo perché ad un certo punto vedremo la Johansson alle prese con una scimmia, cosa che da sola vale il costo del biglietto. Scherzi a parte, non posso dichiararmi pienamente soddisfatta di questa pellicola, quindi il mio è un ni. La prima parte del film è resa decisamente meglio rispetto alla seconda, che finisce per diventare un ammasso di scene d’azione che si susseguono fino alla fine. Gli effetti speciali tendono a diventare pesanti, sfiorando l’assurdità. Parecchie volte ho dimenticato di star guardando un film diretto da un regista francese. La parte finale è dettata da una fretta dirompente che non fa altro che creare disordine e si dirige verso una fastidiosa ansia di terminare. 
In conclusione credo che Besson si sia giocato una grande possibilità, dal momento che questo film aveva tutte le carte in regola per diventare un capolavoro. La chance di rifarsi agli occhi della critica è stata sprecata. Un vero peccato.

“La vita ci è stata data miliardi di anni fa e ora sapete cosa farne”.
E voi, sapete cosa farne?

Anna Scassillo

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