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Scienza, Sapienza e Saggezza

Einstein diceva che è più facile spaccare l’atomo che un pregiudizio e a me viene da pensare che il pregiudizio morirà un quarto d’ora dopo che saremo morti noi, se non lo ammazziamo prima.
In effetti, un pregiudizio ancora oggi duro a morire è quello che ritiene la scienza necessariamente e irriducibilmente contraria alla fede, pretendendo di relegare quest’ultima nella sfera dell’ignoranza, dell’oscurantismo e della superstizione.
Eppure è semplicissimo smontare tale pregiudizio scorrendo i nomi dei più grandi scienziati nel corso della storia, per scoprire che la maggior parte di essi è costituita da credenti e addirittura da sacerdoti e religiosi di molteplici ordini e congregazioni.
Un nome basterebbe per tutti: Georges Lemaître (1894-1966) sacerdote gesuita, fisico e teorico del famoso Big Bang, che solo chi ignora gli studi scientifici e quelli biblici contrappone alla creazione dell’universo.
Quanta verità c’è nell’affermazione del grande scienziato Louis Pasteur: “Poca scienza allontana da Dio, molta scienza avvicina e riconduce a Dio”. Addirittura il nobel per la fisica Max Planck, che formulò la teoria dei Quanti, ribadisce che: “Scienza e religione non sono in contrasto, ma hanno bisogno una dell’altra per completarsi nella mente di un uomo che pensa seriamente”.
Naturalmente, quanto detto vale anche per tanti credenti che temono tutto ciò che sa di ricerca, scienza, critica e si rinchiudono in un fideismo che non è meno pericoloso dello scientismo. Ad essi S. Agostino ricorda che fides non cogitata nulla est, una fede che non sia pensata è nulla e Giovanni Paolo II ribadisce che “la fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. E’ Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere lui, perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso”(Fides et ratio, prologo).
In rapporto alle cose e all’uomo, la scienza cerca di rispondere al come vanno le cose, ci dice come viviamo e magari come vivremo, ma non ci dice, e nemmeno è suo compito specifico, perché e a quale scopo viviamo, soffriamo e moriamo. Anzi, la scienza, che non è neutrale, come pregiudizialmente si crede, senza coscienza è cieca e lo testimoniano i tanti disastri ambientali e le armi sempre più micidiali e la stessa manipolazione dell’essere umano che nascono da una scienza senza freni e fine a se stessa o finalizzata al potere e al guadagno. Si dà addirittura il caso di una razionalità senza ragionevolezza, slegata da ogni limite, da ogni controllo e da ogni morale, che pretende che tutto ciò che si può fare, anche nel male, vada fatto.
E’ necessario quindi che alla scienza si coniughino la sapienza e la saggezza.
La sapienza tutto conosce e tutto comprende (Sap. 9,11) e quindi è strettamente collegata anche all’intelligenza, cioè alla capacità di intus e inter lègere, leggere dentro e saper scegliere; non a caso nella Bibbia troviamo l’invito: “Acquista la sapienza, acquista l’intelligenza, a costo di tutto ciò che possiedi” (Pr.4,5 e 7)). La sapienza è una conoscenza, quindi, che non si ferma solo ai dati apparenti e alle pure nozioni, bensì è aperta e capace di comprendere il senso della vita e delle cose, del soffrire e del morire, capace di riflettere sulle condizioni dell’uomo, sui suoi mezzi, progetti, limiti e possibilità, sui rapporti tra ciò che si è capaci di immaginare e ciò che è realizzabile.
Scienza e coscienza, fede e ragione, sono quindi ugualmente necessarie e complementari l’una all’altra e trovano la loro sintesi proprio nella sapienza che, senza nulla togliere al Mistero e alla libertà della sincera ricerca, permette di evitare i rischi sia del fideismo integralista che confonde i credenti con i fanatici creduloni sia dello scientismo che, nell’esaltazione delirante di una ragione senza limiti, genera i peggiori mostri che rischiano di portare ad un’assurda autodistruzione dell’uomo e del creato. La sapienza, permettendoci di cogliere i nostri stessi limiti e potenzialità, la nostra povertà e la nostra grandezza, ci fa pervenire infine alla saggezza: “Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio”(Sal.90,12), cioè la capacità di agire secondo ragione e virtù, un sapere che si traduce in azione finalizzata al bene, alla giustizia e al servizio amoroso dell’uomo e della casa comune del creato.
Camminiamo quindi sulla strada della vera saggezza ponendoci alla ricerca dell’amore della Sapienza e della Sapienza dell’amore – una delle più belle immagini di Dio – che nel presentare se stessa ci infonde anche una gioiosa speranza: “Io, la sapienza, abito con la prudenza e possiedo scienza e riflessione. Io amo coloro che mi amano e quelli che mi cercano mi trovano” (Pr. 8,12 e 17).

Franco Accardo

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